Tra il 1946 e il 1947, un pastore della tribù beduina ta’amireh stava pascolando il suo gregge nella località denominata khirbet Qumran (ossia le rovine di Qumran). Ad un certo punto, forse per scacciare qualche animale intruso nel gregge, lancia una pietra. Essa finisce all’interno di una grotta. Sente un rumore come di oggetti in terracotta che si infrangono ed entra… inizia qui l’epopea delle scoperte di Qumran.
I primi ritrovamenti
Fu così che i primi sette manoscritti trovati nella prima grotta (siglata come 1Q = 1a grotta di Qumran) giunsero nelle mani dell’antiquario di Betlemme soprannominato Kando. Quattro manoscritti (1QIsa; 1Q Hab, 1QS, 1QapGen) finirono nella mani dell’Archimandrita del Monastero siro-ortodosso di San Marco a Gerusalemme – Athanasius Yeshue Samuel – che sperava di trarne profitto.
Gli altri tre, invece, finirono fortunatamente nelle mani del Prof. E. L. Sukenik della Hebrew University of Jerusalem che li acquistò (1QIb, 1QH, 1QM). L’archimandrita mostrò i manoscritti alla American School od Oriental Research di Gerusalemme, dove J. C. Trever li fotografò.
Egli poi fuggì con i manoscritti negli Stati Uniti con lo scopo di venderli. Dopo lunghe trattative furono acquistato nel 1954 da Yigael Ladin – figlio di Sukenik – ed esposti, insieme agli altri quattro, nella Shrine of the Book appositamente creata a Gerusalemme.
Il clamore planetario per le scoperte
Intanto, la notizia delle scoperte si era diffusa in tutto il mondo, suscitando un enorme interesse tra gli studiosi ed anche tra la gente. Finalmente, nel 1949 fu localizzata la grotta da cui i primi sette manoscritti provenivano (la grotta prima o 1Q).
Furono condotti i primi scavi, tra il febbraio e il marzo di quell’anno, ad opera di Lancaster Harding e Roland de Vaux. Essi riuscirono a recuperare centinaia – circa 600 – di frammenti di almeno 70 manoscritti. Queste straordinarie scoperte resero necessari degli scavi archeologici sistematici in tutta l’area di Qumran.
Durante gli scavi – dal 1951 al 1956 diretti da De Vaux e da Harding – fu stabilito il legame tra la prima grotta e le rovine di un insediamento umano che si trovava nella terrazza di marne proprio sopra le grotte. Quei manoscritti furono vergati dagli uomini che, un tempo, era vissuti in quel luogo per circa 200 anni, dal 135 a.C. al 68 d.C., quando i Romani distrussero l’insediamento di Qumran.
I ritrovamenti seguenti
Nel 1952, intanto, erano giunte voci che i beduini Ta’amireh avevano trovato un’altra grotta piena di manoscritti. Fu così che l’École Bibliche et Archéologique Française, l’American School of Oriental Research e il Palestine Archaeological Museum intrapresero una vasta campagna archeologica in tutte le aree vicine alla prima grotta.
Tra il 1952 e il 1955 tornarono così alla luce manoscritti provenienti dalle grotte 2 (1Q), 3(3Q), 6(6Q), 5(5Q)e 4(4Q). Quest’ultima grotta fu incomparabilmente quella che restituì il maggior numero di frammenti appartenenti a circa 550 manoscritti diversi! Seguì poi la scoperta delle cosiddette “piccole grotte”: 7(7Q), 8(8Q), 9(9Q) e 10(10Q).
Infine, nel 1956, grazie alla collaborazione dei beduini Ta’amireh, fu trovata l’ultima grotta di Qumran, l’undicesima (11Q). Fu in questa grotta che trovato il famoso Rotolo del Tempio.