Sono Simone Venturini e da quando avevo 19 anni mi occupo di Ebraico e Bibbia ebraica, aiutando me stesso e gli altri a scoprirne l’inesauribile ricchezza. Una ricchezza e un’abbondanza che le deriva dalle radici in cui essa è innestata. Radici spirituali ed umane insieme.
Per questo motivo, studiare l’Ebraico non è come studiare una qualsiasi altra lingua. Certamente, il Latino e il Greco sono studi altrettanto importanti e fondamentali per capire la nostra forma mentis occidentale.
C’è però un livello più profondo, più essenziale e anche più nascosto che ha influito – nel bene e nel male – nel nostro modo di pensare e di vivere.
Infatti, pretendere di capire la Bibbia, limitandosi alla superficie, significa imbattersi nelle inevitabili contraddizioni che, per la nostra mentalità, sogno segno di inaffidabilità, mentre per gli antichi ogni cosa ereditata dal passato era da tramandare e custodire senza cambiare quasi nulla.
Chi conosce l’Ebraico antico, ha la possibilità di capire la Bibbia non solo a partire dai significati codificati una volta per tutte nelle attuali versioni moderne, ma rendendosi conto di persona.
Cosa vuol dire questo? Vuol dire che, sapendo consultare un dizionario di ebraico, si saprà anche valutare quale significato – tra i tanti – è stato scelto e se esiste una parola migliore in italiano per esprimere la profondità della parola in ebraico.
Per esempio la parola “nefesh” (נֶ֫פֶשׁ) che non significa “anima” come noi la intendiamo oggi, bensì vita.
Tuttavia, conoscendo l’ebraico, si sa anche che non si intende solo la vita fisica, ma anche qualcosa di più, come appare in altri testi della Bibbia ebraica. Sarà solo la traduzione greca psiché (ψυχή), che aprirà la strada alla concezione post-biblica di anima come principio non corporeo.
Conoscere l’ebraico significa così – attraverso la lettura e comprensione della Bibbia ebraica – far cadere luoghi comuni, indottrinamenti vari che hanno influenzato la nostra comprensione di tante parole importanti del nostro lessico.