Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.
(Genesi 2,4)
Questo versetto funge da cerniera tra il primo e il secondo racconto della creazione. La Genesi, infatti, riporta due versione della creazione; la prima, appena conclusa, la seconda che si apre al versetto seguente. Anche in questo caso occorre fare attenzione alle parole ebraiche usate dall’autore.
Le origini
Anzitutto le “origini“. In ebraico troviamo la parola תּוֹלְדֹת toledòt, che significa diverse cose, ma alla lettera può essere tradotto con “generazioni”. Contiene, infatti, il verbo ebraico יָלָד yalàd che significa “dare alla luce, generare, partorire”. Gli studiosi pensano che si tratti di una formula che serve a dividere l’intero libro della Genesi in parti, dieci in tutto.
In genere, l’espressione viene usata per introdurre genealogie vere e proprie, o storie di famiglie. Qui invece, viene usato per concludere un racconto cosmogonico, che narra cioè dell’origine del cielo e della terra. Che c’entra la cosmogonia con la storia umana?
Nella Bibbia, fin dall’inizio, la storia umana non è semplicemente un succedersi di eventi di cui l’uomo è l’unico protagonista. Essa è invece parte integrante di una storia assai più grande, infinita direi, quella di Dio che inizia prima del tempo. In tal senso, la creazione del cielo e della terra – ossia di tutto ciò che esiste (cfr. Gen 1,1) – è lo scenario fondamentale, lo sfondo necessario per lo svolgimento della storia umana che, da allora, diventa anche “storia di Dio”.
Due racconti della creazione: perché?
Il primo atto del progetto di Dio è perciò concluso: la creazione del cosmo, dell’universo ordinato e retto da leggi stabilite da Dio. Si tratta però, come dicevo, della prima versione della cosmogonia ebraica. Perché allora esistono due versioni della creazione?
Perché la Bibbia non ha un solo autore, ma più autori che la composero in epoche diverse, rispondendo alle mutate esigenze degli ebrei di ogni tempo. In questo primo racconto si nota l’universalità della prospettiva dell’autore; per lui Dio è il creatore universale di tutte le cose e il linguaggio usato giunge quasi all’astrazione, cosa peraltro aliena dal modo di pensare tipicamente ebraico.
Si nota, così, l’origine di quel racconto, in una terra lontana dalla patria, dove gli ebrei entrarono a contatto con diverse cosmogonie e diversi modi di concepire il mondo intorno a loro. Questo primo racconto risente dell’ambientazione esilica, all’inizio del VI sec. a.C., a Babilonia.