Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello
Genesi 4,11
Una maledizione che si ripete
Il suolo è אֲדָמָה ‘adamah in Ebraico, la parola usata in Genesi 2, per descrivere la terra da cui l’uomo – אָדָם ‘adam – proveniva. Echeggia qui la maledizione del suolo lanciata da Dio dopo la trasgressione di Adamo ed Eva (cfr. cap. 3).
Tuttavia, a differenza di quel capitolo, qui non esiste neppure la solidarietà con una terra ingrata. La maledizione di Dio, sottrae Caino dalla solidarietà con la terra, perché la terra ha bevuto il sangue del fratello.
Invece del seme, la terra viene cosparsa e intrisa del sangue innocente del fratello, che – come abbiamo visto nel versetto precedente – gridava a Dio. Essa, dunque, non darà più a Caino il frutto – sebbene scarso אֲדָמָה ‘adamah – che prima gli dava.
La terra e il sangue
Il sangue è la vita di un uomo e perciò contamina la terra in modo definitivo – tra l’altro il termine stesso אֲדָמָה ‘adamah contiene דָּם dam (sangue) – espellendo lontano da essa l’uomo che l’ha versato.
La terra è qui immaginata in termini umani, perché il testo ebraico dice letteralmente che essa ha aperto la bocca per bere il sangue di Abele. Simbolicamente, ciò significa che il rapporto con la terra è un rapporto vivo e non semplicemente con lo sterile terriccio. Essa è la madre terra, che va rispettata e che non può tollerare di ingerire il sangue di un essere umano.
Qui non è presupposto solo il rapporto madre terra – uomo – come nel capitolo 3 – ma anche quello di fratellanza che lega Caino ad Abele. Si tratta di due rapporti profondamente legati tra loro.
L’uomo non può coltivare la terra se egli non custodisce suo fratello. Anzi, l’uomo che sparge sulla terra il sangue del fratello, di qualsiasi fratello, non può più vivere su di essa. Il suo destino sarà descritto nel versetto seguente.