Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata – perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo.
Genesi 2,5-6
I due racconti della creazione: differenze
Anzitutto, occorre dire qualcosa sul nuovo racconto che qui inizia. Nella Bibbia, infatti, sono presenti due racconti della creazione. Il primo è contenuto in Gen 1,1-2,4 e il secondo inizia proprio con i due versetti citati.
Si tratta di racconti profondamente diversi tra loro, perché diversa era la prospettiva dei loro autori. Il primo racconto fu scritto da ebrei che vivevano in un ambiente cosmopolita, come quello di Babilonia, dove furono esiliati da Nabucodonosor nel 587 a.C.
Il tono di quel racconto era cosmico, poiché vi si narrava la creazione non solo la creazione della terra e quanto v’era su di essa, ma anche del sole, delle stelle, della luna. Perciò Dio era il creatore del cosmo ed era il Dio al di sopra di tutti – Elohìm – babilonesi compresi. Ma a differenza delle divinità babilonesi, Egli non creò usando oggetti o la materia in generale, bensì con la sola parola.
Il carattere del secondo racconto (Gen 2,5-25) è invece ben diverso. Lo si nota già nei due versetti che qui commentiamo. Dio non è più solo “Elohìm”, come nel primo racconto, bensì “YHWH Elohim”, traducibile con l’espressione “Signore Dio” od anche “Signore degli dei“. Perché un nome di dio diverso? Forse si tratta di due divinità diverse?
Chi è l’autore del secondo racconto?
Per l’autore che scrisse il brano, Dio non era un nome generico, bensì il Dio d’Israele che si era rivelato a Mosè sul Sinai (cf. Esodo 3). Egli viveva non a Babilonia, ma tra la popolazione giudaica che i Babilonesi non deportarono. Questi giudei restarono in una patria ormai distrutta e priva dell’emblema nazionale per eccellenza: il Tempio di Gerusalemme.
Essi vivevano a contatto con gente che non credeva nel loro dio ed anzi molti dei giudei rimasti in patria si associarono alle popolazioni pagane presenti allora nell’antico Regno di Giuda. Chi scrisse questo brano riteneva perciò importante precisare che il dio che creò la terra e il cielo era il loro Dio, il dio dei loro padri e non una divinità pagana qualsiasi.
Un dettaglio rivelatore
Notiamo poi che, rispetto a Genesi 1,1, la coppia di termini “cielo e terra” viene invertita: “terra e cielo“. Anche questo è un indizio della diversa prospettiva dell’autore del secondo racconto della creazione. Una prospettiva molto più terrestre rispetto a quella dell’autore del primo racconto. Infatti in un paese senza più città e senza più apparato statale, la gente viveva dei magri frutti che la terra poteva loro concedere (cfr. Ger 52,15-16).
Essi ben sapevano che senza un sistema di canalizzazione dell’acqua che garantisse un’adeguata irrigazione delle coltivazioni la terra produceva ben miseri raccolti. Essi così immaginarono che la terra – detto qui “suolo” (in Ebr. אֲדָמָה ‘adamàh) appena creata da Dio, fosse proprio così: una distesa arida e brulla senza acqua e senza vegetazione e, soprattutto, senza uomini che la sapessero coltivare.
Proprio in questo paesaggio campestre e rurale vivrà Adamo, prima di essere collocato da Dio nel giardino di Eden (Genesi 2,8).