In Ebraico, la terra è chiamata in vari modi:
‘èrets (אֶרֶץ) – che significa terra, ma in senso più politico e geografico.
‘adamah (אֲדָמָה) – che invece significa “suolo” e perciò il terreno vero e proprio.
Il fatto che il nome ‘adam “uomo, umanità” (אָדָם) venga da ‘adamah, rivela il legame assoluto che l’uomo ha con la terra. Un legame che si perde nel greco, che ha ghes per dire la terra. Un legame che indica anche come la terra – i vari tipi di terra – possano rappresentare i vari tipi di uomo.
Gesù, che era e restò sempre ebreo, era ben consapevole di questa appartenenza alla terra. Infatti, nelle sue parabole, che parlano dell’uomo, usa spesso metafore prese dal mondo agricolo dove viveva.
Quattro tipi di terreno
Nella parabola del seminatore (Marco 4), Gesù parla di quattro tipi di terreno:
- – quello della strada, polverosa a quei tempi e piena di sassi e sassolini.
- – quello sassoso, ossia uno strato di terra su tanti sassi sottostanti
- – quello ricoperto da rovi
- – quello arato e curato
Questi quattro tipi di terreno corrispondono a quattro tipi di persone e alle loro disponibilità a lasciarsi permeare e penetrare dalla parola contenuta nella Bibbia.
Quattro modi di leggere la Bibbia
Se i semi sono metafora della parola, ossia delle parole contenuta nella Bibbia e nel vangelo, allora quelli che cadono nel terreno sassoso rappresentano una lettura superficiale e perciò letterale della Bibbia, che non penetra in alcun modo nell’anima, ma anzi suscita dubbi e confusione.
Quelli che cadono in un terreno poco profondo, sono quelle persone che iniziano a studiare la Bibbia, a comprenderla, ma poi si scoraggiano.
Quelli che cadono tra i rovi, sono quelli che studiano e comprendono veramente le Scritture, ma poi le ingabbiano con schemi, pregiudizi, false credenze, etc.
Quelli che cadono nella terra buona, sono quelli che cercano nelle parole il senso profondo, quello simbolico che è la porta di ogni autentica spiritualità.