Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno
Genesi 1,14-19
Cos’erano il sole e la luna per gli antichi?
Per gli antichi le stelle cadenti non erano piccoli frammenti di meteoriti che si incendiano a contatto con l’atmosfera, ma vere e proprie stelle che si “staccavano” dal firmamento, ossia dalla volta celeste rigida in cui erano state incastonate da Dio stesso (Apocalisse 6,13).
Il sole, la luna e le stelle erano poi una specie di piccoli fari incassati nel cielo che fungevano da sorgenti luminose ma non solo. Fungevano da “segni celesti”. Questa, secondo me, è l’unica traduzione possibile della parola ebraica אוֹת ‘ot, che non indica un fenomeno atmosferico, perché viene direttamente riferito al sole, la luna e le stelle.
Potremmo invece pensare alle posizioni del sole che segnalano l’avvicendarsi delle stagioni, o alle eclissi, oppure ancora alle macchie solari, ma c’è comunque qualcosa di più, visto che l’evangelista Luca (21,25-28) menziona espressamente i segni nel cielo come annunciatori, insieme ad altri eventi celesti singolari, della venuta del Figlio dell’Uomo.
Il quarto giorno della creazione
A parte queste osservazioni dal sapore apocalittico, il quarto giorno della creazione è al centro dell’intero racconto, incastonato come una perla preziosa tra i primi tre giorni e gli ultimi della creazione.
Per gli autori della Genesi il sole e la luna non solo scandivano i giorni, gli anni e le stagioni, non solo fungevano da segni celesti, ma soprattutto indicavano il ciclo annuale delle “feste liturgiche”, (Levitico 23), i cui riti strutturano il tempo, conferendogli una scansione che non è solo cronologica, ma profondamente umana.
Tra l’altro, ogni religione che si rispetti, non solo quella ebraica o cristiana, è basata su un calendario ricco di feste e ricorrenze che solo una visione distorta e riduttiva della fede fa coincidere con un obbligo da rispettare.
Tutto questo, agli occhi di Dio, è buono, ossia non solo corrispondente al volere di Dio, ma anche bello ossia esteticamente apprezzabile. Da Dio, infatti, non può venire nulla di brutto o qualcosa che contenga anche un solo atomo di negatività (Sapienza 1,14).