I primi due capitoli del libro dei Numeri seguono – letterariamente e teologicamente – le norme sull’edificazione del santuario nel deserto e gli arredi sacri (Es 25-31), l’esecuzione dei lavori (Es 35-40) e le regole per i sacrifici dei sacerdoti (Levitico).
Si tratta, ovviamente, di capitoli profondamente e interamente segnati dal linguaggio e dallo stile del cosiddetto sacerdotale, ossia la scuola di pensiero e di teologia capitanata dai sacerdoti tornati dall’esilio (fine VI sec. a.C.). Ora, i sacerdoti delineano il quadro e la composizione delle dodici tribù d’Israele (Nm 1) e la disposizione dei loro accampamenti mentre procedono nel deserto (Nm 2).
Diamo ora un’occhiata alla disposizione letteraria di questi due capitoli:
Capitolo Primo
- ordine di Dio di censire il popolo (vv. 1-3)
- scelta di dodici persone, una per tribù, per aiutare nel censimento (vv. 4-16)
- testo di transizione (vv. 17-18) alla nuova parte introdotta dal v. 19
- censimento (vv. 20-46)
- sotto-unità (vv. 47-53) che spiega a. il motivo per cui Levi non entrò nel censimento; b. la descrizione delle tribù in marcia come una processione verso la terra promessa
- conclusione (v. 54) che richiama il v. 19, sottolinenando l’esecuzione di quanto Dio aveva ordinato
Capitolo Secondo
- disposizione dell’accampamento (vv. 1-31)
- versetti di raccordo con il cap. 1 (vv. 32-34)
Ad alcuni parrà strana e alquanto noiosa la lettura di questi capitoli del libro dei Numeri, un libro che in effetti non ha goduto di grande fortuna nei gusti letterari di cristiani e non. Tuttavia, insieme al Levitico, i Numeri erano libri fondamentali per la comunità giudaica che doveva riorganizzarsi, al ritorno dall’esilio babilonese.
Essa aveva un passato glorioso, dodici tribù volute da Dio che marciavano nel deserto per entrare nella terra che ora come allora gli ebrei tornano a possedere. Si tratta di una maestosa retroproiezione di interessi teologici e sociali ben lontani dall’epoca che i testi suggeriscono, ossia il XIII-XII sec. a.C.
La redazione di questi testi risale invece piuttosto alla fine del VI, inizio V secolo a.C., quando i sacerdoti, il culto nel Tempio ricostruito e il sistema cultuale garantivano l’identità di una comunità umiliata e soggiogata dai Babilonesi neppure settant’anni prima.