Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato»
Genesi 3,12
Questo versetto è un esempio perfetto di come l’uomo, preso dall’angoscia, inizi a vivere in un vero e proprio inferno. L’uomo, ormai separato dalla comunione sanante con Dio, incolpa Dio di avergli messo accanto un essere umano pienamente responsabile di ciò che è accaduto.
La necessità di trovare un colpevole
La donna, così, non è più l’aiuto simile che Dio aveva pensato e creato per Adamo, ma il principale artefice del suo nuovo e tremendo destino. L’autore di questi capitoli è estremamente abile a racchiudere in meno di un versetto ciò che accade alla persona quando essa precipita senza rimedio nel vortice senza fondo – forse solo apparentemente tale – dell’angoscia.
Quando si decide di diventare noi stessi divinità; quando si decide che è possibile farcela da soli; quando si decide che il proprio modo di pensare, di giudicare, di fare sia la norma su tutto e tutti, allora si taglia fuori il fondamento vero del proprio esistere: Dio, il Padre eterno. Ma questo è solo il primo passo.
Il secondo, conseguenza del primo, è la necessità di trovare sempre un colpevole, qualcuno su cui addossare TUTTA la responsabilità della propria ingiustissima infelicità. E l’angoscia individua subito su chi scaricare responsabilità che non si vogliono assumere: le persone più vicine, quelle che compongono la famiglia: la moglie o il marito.
Lei o lui mi porta a fare cose che non vorrei fare; lei o lui mi far star male; lei o lui mi toglie spazi vitali, tempo che potrei dedicare a me stesso. Questi atteggiamenti, in fondo così umani, hanno una radice ed un’origine che umana non è.
La conseguente negazione di Dio
Sono la conseguenza diretta della distruzione – necessaria – del Dio creato a nostra immagine e somiglianza. Ci si scopre improvvisamente atei, senza quel ‘dio’ che prima ci tranquillizzava con la morale che gli abbiamo appiccicato addosso, come l’etichetta posta sopra alla statua di una divinità.
Ma non c’è via di mezzo. Quando si commettono errori fatali o accade qualcosa di veramente traumatico, le strade sono solo due. La prima è quella di trovare un ‘capro espiatorio’ da eliminare, ovviamente, bestemmiando il falsissimo ‘dio’ che ci siamo costruiti;
la seconda è di entrare con umiltà in quello spazio buio e senza apparenti appigli che è l’angoscia e trovare proprio lì quella base sicura e quella nuova strada che conduce ad una nuova consapevolezza di sé e all’adorazione del vero ed unico Padre.