Nella Bibbia ebraica, c’è una parola importante, che ha un impatto forte nell’immaginario occidentale: Satana: in Ebr. שָׂטָן satan).
Da Satana al Diavolo
Questa parola ebraica significa “avversario” e può trovarsi sia con l’articolo (hassatàn) e indicare “l’avversario” che, nella percezione spirituale e simbolica degli autori biblici soprattutto del Nuovo Testamento, indica propriamente quello che i Cattolici tradizionalmente chiamano “Satana”.
Quando la Bibbia ebraica fu tradotta in greco – la cosiddetta “Settanta” – il termine “hassatan” fu tradotto con “diabolos” (in Gr. διάβολος).
Oltre agli aspetti spirituali e mistici, che qui a me non interessano, vorrei soffermarmi sulla “funzione” di questo termine “diabolos”, in contrapposizione ad un altro termine greco “symbolon” (in Gr. σύμβολον).
Dividere
Il termine greco “diabolos”, viene dal verbo “diaballein” che significa “dividere, separare”, mentre “symbolon” viene dal verbo “symballein” che significa invece “unire, mettere insieme”.
Se ci spostiamo dal piano teologico a quello antropologico, acquisiamo delle informazioni molto importanti su due tipi di attività che riguardano sfere diverse della persona umana.
La prima riguarda la ragione, se vogliamo la “mente”, che legata al significato preciso e inequivocabile di tutto ciò che esiste.
Per essa il bianco non è nero, e il bene non ha nulla a che fare con il male. In altre parole, la ragione contrappone, distingue, etichetta affinché si sappia che questo non è quello.
Insomma, la ragione distingue, etichetta, dà significati precisi e inequivocabili, insomma separa proprio come il “diabolos”. Allora la mente diabolica?
Certamente non nel senso teologico o spirituale, ma se ci poniamo nella sfera conoscitiva (che non è comunque separata da quella spirituale) certamente sì.
Unire
La seconda attività umana è quella dell’anima, ossia spirituale. Ovviamente, essa è molto meno conosciuta ed usata rispetto alla prima, soprattutto dall’uomo moderno, erede dell’Illuminismo e del Razionalismo.
Tuttavia, non è meno importante, anzi. Essa reclama l’attenzione dovuta, soprattutto quando il piano razionale non più in grado di gestire situazioni che richiedono una comprensione più ampia dell’esistenza e dell’esistente.
Questa seconda dimensione dell’essere umana è quella dove il bianco può fondersi col nero, il male può essere anche un bene, questo può essere anche quello.
In questa dimensione, infatti, non esistono contrapposizioni, poli opposti, bensì fasi, sfumature, fusioni e soprattutto condivisione.
Ciò può accadere perché la dimensione del “simbolo” è l’unica da cui può scaturire il senso che è un insieme più vasto di significati, ossia di aspetti che la ragione contrappone.
Il senso infatti viene solo dall’anima e non viceversa. E l’anima si esprime solo attraverso il corpo, mente compresa.
Diabolos contro symbolon?
Diciamo che le due dimensioni sono complementari, anche se dovrebbe essere individuata una direzione precisa, non dalla ragione all’anima, bensì dall’anima alla ragione attraverso la mediazione del corpo.
In ciò, la Bibbia ebraica è maestra di sapienza, perché essa è nata dalla cultura ebraica antica legata al sentire (in Ebr. שָׁ֑מַע) – cfr. Dt 6,4 – prima che al vedere.
L’anima, infatti, si sente ma può essere vista dagli altri solo attraverso la mediazione del nostro corpo che può diventare più o meno trasparente, più o meno corrispondente a ciò che essa suggerisce.
Questa è la base ermeneutica da cui può scaturire un metodo da applicare alla vita, per comprendere il senso della vita e dare ad essa significati precisi che possono essere poi comunicati e condivisi.